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Si ritiene in dottrina
(Antolisei, Mantovani) e in giurisprudenza che la cooperazione colposa
presupponga non solo un
agire colposo
, ma anche un
legame psicologico
tra coloro che agi-
scono colposamente, consistente nella
coscienza e volontà di concorrere nella condotta al-
trui
, violatrice delle regole cautelari intese a prevenire il veri carsi di eventi dannosi, e non
nell’intero fatto criminoso, posto che si sarebbe altrimenti al cospetto dell’elemento psicolo-
gico tipico del concorso doloso.
L’opinione prevalente, sia in dottrina che in giurisprudenza, sostiene che la consapevolezza
di concorrere nella condotta altrui sarebbe suf ciente ad integrare la cooperazione colposa,
senza che occorra la conoscenza delle
speci che condotte altrui
, del
carattere colposo
di tali
condotte e della
identità dei partecipi
.
Secondo altra opinione (Latagliata), ai ni della cooperazione colposa, sarebbe invece neces-
sario che la consapevolezza di ciascun compartecipe abbia ad oggetto
anche il carattere col-
poso dell’altrui condotta
.
Sotto il
pr
o lo
sanzionatorio
, per il concorso colposo si è accolto il più volte citato princi-
pio della “
pari responsabilità
”: il legislatore ha previsto che ciascuno dei compartecipi sog-
giace alle pene stabilite per il delitto commesso (art. 113, co. 1, c.p.) e la pena è aggravata per
chi ha determinato altri a cooperare nel delitto, quando concorrono le condizioni stabilite
nell’art. 111 c.p. e nei nn. 3 e 4 dell’art. 112 c.p.
Se la mancanza della volontà di concorrere nella commissione dell’intero fatto criminoso vale
a differenziare il concorso colposo da quello doloso, la coscienza e volontà di partecipare alla
realizzazione della condotta violatrice della regola prudenziale consente di tracciare il
discri-
men
tra la fattispecie di cui all’art. 113 c.p. e quella del
concorso di azioni colpose indipen-
denti
.
Invero, il tratto distintivo della gura della cooperazione colposa risiede nella necessaria sus-
sistenza, quale requisito strutturale della fattispecie, di un legame psicologico con l’agire al-
trui. Nel concorso di cause colpose indipendenti l’evento è, invece, il frutto di una coinciden-
za di più azioni od omissioni non collegate tra loro da alcun vincolo subiettivo. In tal caso si
avrà la realizzazione di tanti reati colposi quante sono le condotte.
8.3 L
’a
gente provocatore
Nel nostro ordinamento manca una de nizione legislativa di “
agente provocatore
”. Inizial-
mente ci si riferiva solo a colui che
istiga
a commettere un reato, nella veste dunque di con-
corrente morale (di solito appartenente alle forze dell’ordine); nel corso del tempo si è arri-
vati a ricomprendere le ipotesi in cui l’agente provocatore assume la veste di
soggetto passi-
vo
del reato (come nel caso di chi si presta, per esempio, al gioco di un truffatore per consen-
tirne l’arresto in fragranza), o
si in ltra
in un’associazione a delinquere, allo scopo di
sco-
prirne la struttura e denunciarne i partecipanti
(cd. “in ltrato”). In tutte le ipotesi esposte, la
condotta dell’agente è lecita purché
miri a far scoprire l’autore di un reato e dunque ad
assicurarlo alla giustizia
.
A livello normativo tale gura può essere ricondotta alla scriminante di cui art. 51 c.p. (adem-
pimento di un dovere).
Ci si interroga se,
al di fuori di alcune speciali ipotesi normative di non punibilità
(es. quel-
le contemplate dalla L. 146/2006), la condotta dell’agente provocatore, sebbene
istigatrice
di
un reato, possa andare
esente da pena
, in considerazione della nalità avuta di mira.