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Libro I

Diritto penitenziario

Volpicella, Beltrani-Scalia e Doria, direttori generali delle carceri, questi ultimi due

– il primo dal 1879 al 1898, con limitate interruzioni, e il secondo dal 1902 al 1912

– entrambi fermi sostenitori del sistema auburniano e, per le pene più lunghe, del

sistema progressivo irlandese.

Già dai primi dell’Ottocento era andata formandosi, in special modo fra gli studiosi

italiani, una

scienza delle prigioni

impegnata nella ricerca di nuovi modelli strutturali

di carcere, sia sotto il profilo disciplinare che architettonico, al fine di realizzarne la

funzione rieducativa e risocializzante. Se si accettava che la recidiva aveva la sua causa

principale nelle orribili condizioni delle prigioni, la ricerca dei necessari correttivi im-

poneva una diversa concezione della fase di esecuzione della pena. Questa fase doveva

essere caratterizzata dall’isolamento non continuato, dal lavoro e dall’istruzione, oltre

che da condizioni seppur minime di benessere fisico, igienico e sanitario dei detenuti.

Sarebbe stata funzionale, alla realizzazione di tutto ciò, l’edificazione di nuove strut-

ture architettoniche, sul

modello del Panopticon

ideato da Jeremy Bentham nel

1791: edifici a pianta stellare (o a raggiera), fatti di bracci di celle e posti di guardia

(collocati su rotonde) da cui i carcerieri avrebbe potuto vigilare su tutte le celle.

Se nella

scuola classica

la pena è concepita come

misura afflittiva

, personale, inderogabile e

proporzionata alla gravità del reato – sia che si consideri la sanzione come

retribuzione morale

del male commesso (Grozio, Kant, Bettiol), sia che la si consideri come

retribuzione giuridica

a mezzo della quale lo Stato riafferma l’ordinamento violato (Carrara, Hegel, Messina, Pes-

sina, Rossi) –, nella

scuola positiva

la pena, più che punire l’autore del reato, deve tendere

al suo

riadattamento sociale

e, secondo Grolmann, a correggere “moralmente” il reo, ridu-

cendone l’inclinazione a violare la legge, con l’ovvia conseguenza che può essere definito

«reo», e quindi imputabile, solo chi è “rieducabile”, mentre gli “incorreggibili”, rispetto ai

quali sarebbe inutile qualunque percorso di rieducazione, devono semplicemente essere

neutralizzati e rinchiusi al fine di proteggere la collettività.

Spetta ai migliori esponenti della scuola positiva (Ferri, Garofalo, Lombroso, Pessina) il me-

rito di aver focalizzato l’indagine sul reo piuttosto che sul reato, al fine di puntare l’atten-

zione sul

detenuto in quanto persona

,

sulle sue individualità e sulle cause che l’hanno indotto

a delinquere, così da poter concepire il carcere come luogo destinato alla sua

rieducazione

.

1.4

 Il diritto penitenziario

L’esistenza di un diritto penitenziario, quale complesso di norme legislative e re-

golamentari che disciplinano le modalità di esecuzione della pena detentiva e, se-

gnatamente, delle sanzioni penali costituenti privazione o limitazione della libertà

personale, fu ufficialmente riconosciuta coi lavori di due successive Commissioni pe-

nitenziarie internazionali, istituite nel 1890 e nel 1929.

Nel vigente ordinamento penale, il diritto penitenziario disciplina

sul piano formale

(Rubino):

>

>

la detenzione per

condanna a pena privativa della libertà

;

>

>

la detenzione per

sottoposizione a misure di sicurezza detentive

(assegnazione a una co-

lonia agricola o a una casa di lavoro, ricovero in una casa di cura e custodia, in un

ospedale psichiatrico giudiziario o in un riformatorio giudiziario);

>

>

la detenzione dipendente da

custodia cautelare

.