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Roma. Dallo stato-città all’impero senza fine

bolezze e discordie. La leggenda, senza fondo di verità, verrà ripresa alla metà

dell’Ottocento con l’identificazione di un masso inciso sulla sommità, ancora

oggi esposto a Londra, con la “pietra di Bruto”, portata dal mitico fondatore in

Britannia dalla città di Troia. Nel XIX secolo, tuttavia, il

revival

troiano si inseri-

va in uno spirito differente, non di rivalsa nei confronti della romanità, quanto

piuttosto di esaltazione di questa e dei suoi portati: l’impero coloniale inglese,

così come le altre potenze europee, utilizzò l’impero romano come precedente

e modello storico cui rifarsi, richiamandosi al sistema provinciale romano per

la definizione dell’identità nazionale dell’impero stesso.

Il ricorso all’impero romano quale serbatoio esperienziale e simbolico cui

attingere per costruire la propria identità ha conosciuto nel XX secolo anche un

approccio “in negativo”: negli anni Settanta del Novecento, quando è iniziato il

processo di decolonizzazione, le rivendicazioni nazionali e identitarie dei popoli

colonizzati che stavano intraprendendo il cammino verso l’autonomia si iden-

tificarono nelle rivolte anti-romane delle genti provinciali, imputando a Roma

di aver voluto mantenere le periferie in uno stato di sottosviluppo, proiettando

sulla realtà romana la propria esperienza di sottomissione ed emancipazione;

si è trattato, in realtà, di ricostruzioni piuttosto artificiose e unilaterali, ma che

proponevano una rilettura alternativa del passato romano finalizzata alla costru-

zione di identità “antagoniste”.

Non si devono infine dimenticare i tentativi più recenti e molto meno cir-

costanziati di ricollegarsi al filone anti-romano operati da partiti politici seces-

sionisti: in Italia il movimento della Lega Nord, al grido di “Roma ladrona”, ha

riesumato il sostrato celtico del Nord Italia, promuovendo un orgoglio padano

delle origini, recuperato attraverso l’impiego di una simbologia celtica ricalibra-

ta a proprio uso e consumo (si pensi al travisato simbolo del “sole delle Alpi”)

e al ricorso a riti rielaborati a fini propagandistici, come il “matrimonio con

rito celtico” di alcuni componenti del partito: fenomeni intesi a sollecitare uno

spirito campanilistico e identitario fondato su una riproposizione falsificata e

strumentale del passato.