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Roma. Dallo stato-città all’impero senza fine
Identità inventate
Nel corso dei secoli numerose realtà politiche, istituzionali e sociali hanno
fatto ricorso al passato per attingervi elementi attraverso i quali costruire e sup-
portare la propria storia, memoria e identità, giustificare la propria singolarità o le-
gittimare la propria dimensione geopolitica. Questa “invenzione della tradizione”,
secondo una celebre definizione dello storico Eric Hobsbawm (1917-2012), serve
a inserire nel solco del già noto e del consueto qualcosa che, in realtà, rappresenta
una forte rottura con il passato o, più semplicemente, ad ancorare un’entità mo-
derna, sia essa uno stato, un partito politico o un’istituzione, a un determinato
elemento del passato cui sono comunemente riconosciuti precisi valori e inequi-
vocabili significati.
L’invenzione della tradizione si elabora generalmente partendo dalla sta-
tuizione di un legame, spesso non comprovabile, con un determinato popolo,
con una città, con un personaggio, e questo legame si corrobora attraverso la
ricreazione o la riproposizione di determinati rituali e simboli, di cui si perde o
si travisa il senso originale, la pregnanza e la puntualità del portato: immagini e
pratiche diventano, nella sostanza, icone vuote e spesso disconnesse dal riferi-
mento originario.
Studiare questi fenomeni non significa semplicemente interessarsi ad episo-
di di costume, ma molto più seriamente approfondire dinamiche e ideologie che
non sarebbero altrimenti comprensibili con altrettanta chiarezza, poiché nasco-
no in risposta a problemi di legittimazione e di identità e puntano a rinsaldare
la coesione all’interno di un gruppo o il consenso verso una determinata istitu-
zione. Persone specificamente incaricate inventano la tradizione, ma a questa
operazione concorrono anche una componente popolare e il lavoro svolto dagli
storici nella narrazione del passato e nella sua fissazione entro parametri certi.
L’invenzione della tradizione è fenomeno antico, presente anche in Roma:
si pensi alla leggenda dell’origine troiana di Roma, secondo cui Enea, nipote di
Priamo, re di Troia, fuggendo alla caduta della città sarebbe giunto nel Lazio,
dove suo figlio Ascanio/Iulo avrebbe fondato la città di Alba Longa, da cui
sarebbero partiti Romolo e Remo per fondare Roma. Il mito della presenza di
Enea sulle coste del Lazio era molto antico, noto già nel VI secolo a.C., ma ebbe
particolare diffusione a Roma in due momenti: il primo, quando i Romani in-
trapresero la conquista dell’Oriente ellenistico e divenne quindi particolarmente
importante tentare di istituire un rapporto basato sulla comunione d’origine con
i Greci; il secondo, al momento del cambio di regime, quando prima Cesare e
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