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Capitolo Terzo

Roma e l’Italia 

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poi Augusto indicarono in Iulo, o Ascanio, figlio di Enea, il capostipite della

propria famiglia e quindi, indirettamente, il proprio legame con la dea Venere,

madre di Enea. Roma fu quindi identificata come la nuova Troia: da ricordare

in questo senso il confronto emblematico, espresso con forza alla caduta di Car-

tagine da Scipione che, secondo le fonti, avrebbe palesato il timore che anche la

fine di Roma potesse essere analoga a quella di Troia, presa dal nemico e data

alle fiamme. L’identità troiana di Roma veniva ribadita annualmente dal pelle-

grinaggio che i magistrati romani compivano a Lavinio, dove erano venerati i

numi tutelari portati da Enea nella sua fuga da Troia.

Tuttavia, non fu questa l’unica traccia identitaria significativa che i Romani

crearono; a partire dal III secolo a.C. e poi soprattutto nel II, quando le contese

conseguimento di cariche pubbliche a Roma si fecero più aspre, molti senatori

romani iniziarono a proclamare una propria identità etnica specifica: chi si dice-

va latino, chi sabino, chi etrusco. Mentre l’identificazione con Troia non aveva

effettiva consistenza storica, il richiamo ad etnie dell’Italia centrale si allacciava

davvero alle origini di Roma e alla precoce compresenza in essa di popoli diffe-

renti e voleva, naturalmente, essere un richiamo alla tradizione e al

mos maiorum

;

la scelta di un ascendente etnico piuttosto che un altro significava esaltare alcuni

valori specifici che si riconoscevano propri di quel popolo. Per evidenziare la

propria discendenza da un determinato gruppo etnico gli individui delle diverse

etnie adottavano simboli e riti che li differenziavano rispetto agli altri Romani:

coloro che si dicevano Sabini, ad esempio, manifestavano devozione verso di-

vinità ritenute tipiche di quel popolo, ad esempio Quirino o Feronia, e quando

ricoprivano la carica di magistrati monetari con il compito di coniare monete, vi

facevano apporre immagini che rimandavano alla mitologia sabina.

Il richiamo alla caduta di Troia venne adoperato per la costruzione di iden-

tità etniche fittizie ancora per lungo tempo dopo la caduta dell’impero romano

di Occidente e in luoghi anche molto distanti dal bacino mediterraneo ove il

mito aveva avuto origine: nell’

Historia Regum Britanniae

, scritta al principio del

XII secolo da Goffredo di Monmouth riprendendo leggende molto più antiche

già rielaborate nel IX secolo da Nennio nella sua

Historia Brittonum

, si racconta

della fondazione di

Troia Nova

, poi chiamata

Trinovantum

, la futura Londra, ad

opera di

Brutus

, nipote di Enea, che avrebbe anche dato il nome all’isola di

Britannia. Narrando questa storia, Goffredo di Monmouth costruisce l’identità

dei Britanni e la pone allo stesso livello genealogico di quella dei Romani, ma

la fissa in epoca precedente, assegnandole così una sorta di primato rispetto a

Roma. Col suo racconto Goffredo non solo svincola l’identità britannica da

quella romana, ponendo per la città di Londra una fondazione diversa e con-

correnziale a quella di Roma, ma nega anche ai Romani il ruolo di vincitori

dei Britanni addossando ogni colpa della caduta di questi alle loro proprie de-