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Capitolo Terzo

Roma e l’Italia 

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di gioia, che i Romani levarono per il felice compimento dell’opera, gettarono

all’improvviso i nemici nello sgomento ed essi arrestarono l’assalto. Allora Co-

clite disse: «O venerabile padre (dio) Tiberino, ti prego, accogli queste armi e

questo soldato con benigna corrente». Armato così com’era si gettò allora nel

Tevere, e pur fra la pioggia dei dardi, nuotando giunse incolume fra i suoi, dopo

aver osato un’impresa tale da ricevere presso i posteri una fama maggiore

della sua stessa attendibilità. La città fu riconoscente a (chi aveva dimostrato)

tanto valore: fu eretta ad Orazio una statua nel comizio, e gli fu donato tanto

terreno quanto ne poteva arare in un giorno di lavoro all’intorno. Oltre agli onori

pubblici notevoli furono le dimostrazioni di gratitudine dei privati; infatti pur

nella grande crisi economica del momento ciascuno gli offrì qualche cosa, a

seconda dei propri mezzi, anche privandosi del necessario.

Tito Livio,

Storie dalla fondazione di Roma

, II, 10

2. Gli scontri con le popolazioni del centro Italia

Altre popolazioni del centro Italia minacciavano, tuttavia, la sopravvivenza di

Roma: il V secolo a.C. vide susseguirsi scontri con gli Ernici, i Sabini, gli Equi,

i Volsci, i Marsi, i Sanniti e i Lucani, che stavano mettendo in atto un tentativo

di progressivo ampliamento dei loro territori in direzione delle pianure laziali e

da lì verso il resto d’Italia. Se con gli Ernici si giunse rapidamente ad un accor-

do, attraverso la stipulazione di un

foedus

nel 486 a.C., diversamente andarono le

cose con le altre popolazioni. I Volsci iniziarono a esercitare pressioni su Roma

già al principio del V secolo a.C.: secondo la leggenda, erano guidati dal romano

Coriolano, eroe della battaglia del Regillo ma esiliato in seguito da Roma per

ragioni politiche e rifugiatosi appunto presso i Volsci, i quali conquistarono Vel-

letri, Pomezia e Satrico, giungendo nel 491 a.C. alle porte di Roma; l’assedio non

sarebbe stato però condotto a termine perché la madre e la moglie di Coriolano,

Veturia e Volumnia, si sarebbero recate all’accampamento volsco e avrebbero

convinto Coriolano a desistere dal suo proposito di vendetta nei confronti di

Roma. Mentre avevano luogo gli scontri con i Volsci, gli Equi conquistarono

le città latine di Tivoli e Preneste. Il conflitto con questi due popoli perdurò a

lungo, tra fasi di guerra e momenti di stallo, e la tradizione narra dell’intervento

in battaglia, contro l’alleanza di Volsci ed Equi, dell’ex console Cincinnato, che

avrebbe abbandonato la propria terra in cui si era da tempo ritirato e viveva da

semplice contadino, per assumere la dittatura e sconfiggere i nemici sul Monte

Algido, nei pressi di

Tuscolo,

nel 458 a.C., tornando poi a coltivare i suoi campi:

l’immagine simbolica di Cincinnato, modificata ad arte successivamente con in-