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Prova ufficiale a.a. 2014

A suo parere, il futuro è di quei giornalisti ed editori che sapranno innova-

re sul piano tecnico ed estetico, ma resteranno radicalmente conservatori

riguardo ai contenuti, cioè continueranno a puntare sulla qualità. Il messag-

gio di Döpfner, che insiste con decisione sui vantaggi del giornalismo online,

è questo: “Non scompariremo, in quanto cambia meno di quanto pensiamo.

E non dobbiamo far tutto in modo radicalmente diverso, in quanto altrimenti

scompariremo davvero”. Dove va Springer? Può la strada indicata dal gruppo

tedesco valere anche per i gruppi editoriali italiani?

Esistono due costanti nei discorsi di Döpfner degli ultimi mesi. La prima

riguarda le critiche a Google e al suo monopolio di fatto, accuse ribadite

anche a Tubinga con toni forti. Il commissario europeo Joaquín Almunia

vuole solo obbligare Google a vendere spazi pubblicitari ai concorrenti che

sono svantaggiati dalla sua posizione dominante, attacca l’amministratore

delegato di Springer, che aggiunge pesante: “si tratta dell’introduzione,

sancita dalle autorità dell’Unione europea, di un modello di business che in

ambienti meno onorati si chiama pizzo”. Il secondo Leitmotiv è la ripetizione

dei termini “digitale” ed “elettronico”. Il gruppo si è dato un chiaro obiettivo:

“Axel Springer vuole diventare l’editore digitale leader”. E ci sta riuscendo.

Nel primo trimestre dell’anno Springer ha realizzato per la prima volta oltre la

metà degli utili e del fatturato nel settore digitale. Una svolta, le cui ragioni van-

no ricercate non tanto nell’offerta di contenuti giornalistici – la stessa Bild, la

corazzata del gruppo, continua a perdere copie – quanto piuttosto nell’espan-

sione in settori che col giornalismo hanno poco o nulla a che fare. Springer è

un editore originariamente puro che oggi non fa puramente editoria. Il gruppo

controlla tra gli altri il sito di annunci di lavoro StepStone, i più grandi portali di

annunci immobiliari in Francia (Seloger) e Belgio (Immoweb) e uno dei più noti

in Germania (Immonet); inoltre ha appena acquistato il principale sito di annun-

ci in Israele (Yad2), gestisce i più conosciuti siti tedeschi per confrontare prezzi

(Idealo) o sfogliare in digitale i volantini pubblicitari dei supermercati (Kaufda);

infine ha rilevato l’applicazione per il fitness Runtastic e detiene una quota del

sito di affitti Airbnb. È da queste attività che arriva oggi gran parte degli utili del

gruppo, nelle cui mani sono rimasti ormai soltanto tre giornali (Bild, Welt, B.Z.

e le relative edizioni domenicali), più una serie di magazine.

La Repubblica federale dispone di un invidiabile panorama di quotidiani

locali, regionali e nazionali, tuttavia anche qui la crisi si fa sentire. Sempre

più redazioni vengono accorpate, titoli scompaiono dal mercato, e le vendite

calano. Tra il 1993 e il 2013 le copie dei quotidiani tedeschi vendute sono

passate da un totale di 25,4 a 17,5 milioni di copie. Nel primo trimestre del

2014 la Bild ha venduto in media circa 2,4 milioni di copie al giorno con una

flessione del 5,8 per cento su base annua. Numeri ben diversi rispetto all’Ita-

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