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ix

Prefazione

stione dell’umanesimo, era un ritornare alla domanda fonda-

mentale “che cosa è l’uomo”? E a questa domanda la pedago-

gia deve dare risposta, non deve nascondersi dietro le tecniche

dell’educare. L’uomo è persona, l’educazione è per l’uomo-

persona. Educare vuol dire sostanzialmente far sì che l’altro

sia e/o divenga persona. E come tale assuma su di sé tutte le

responsabilità imposte dalla condizione umana, dall’esistenza.

Contribuire ad apprendere a essere persona, dunque, è questo

il compito dell’educazione scolastica. Carla Cirillo, sofferman-

dosi sulla scuola, sottolinea l’importanza del saper essere e

dell’

homo creator

, due modalità dell’essere persona tipicamente

umane. E che, forse, le grandi personalità dell’umanesimo

non esprimevano una forte carica esistenziale e creativa che

poi si riverserà nel Rinascimento? Con questo non vogliamo

affatto cadere nella tentazione nostalgica tipica del

laudator

temporis acti

3

, ma solo richiamare l’attenzione nei confronti di

una scuola che deve essere antropocentrica e umanizzante.

Nell’età del trionfo della tecnica e del PIL (prodotto interno

lordo) la scuola sì deve essere attenta alle “competenze”

(quanto è brutto questo termine specie se non assunto nell’e-

timo latino

cum petere

, “andare insieme”, “convergere verso

un obiettivo comune”, ma nel significato di un italiano ingle-

sizzato di “prestazione”), soprattutto però deve prestare at-

tenzione alla maggiore, alla più importante delle competen-

ze, quella umana. E l’umano è attento al mondo, agli altri,

alla relazione, a vivificare l’esistenza con orizzonti di senso.

Ecco, allora, che il testo di Carla Cirillo si presenta come

un richiamo scientifico alla scuola “vera”, alla scuola come

scholé

, intesa, cioè, come comunità libera in cui si dibatte, in

cui si apprende diventando liberi, ovvero persone. Ci augu-

riamo che il Ventunesimo secolo riscopra, pur attraverso la

3

 Orazio,

Ars poetica, 173.