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Prefazione
stione dell’umanesimo, era un ritornare alla domanda fonda-
mentale “che cosa è l’uomo”? E a questa domanda la pedago-
gia deve dare risposta, non deve nascondersi dietro le tecniche
dell’educare. L’uomo è persona, l’educazione è per l’uomo-
persona. Educare vuol dire sostanzialmente far sì che l’altro
sia e/o divenga persona. E come tale assuma su di sé tutte le
responsabilità imposte dalla condizione umana, dall’esistenza.
Contribuire ad apprendere a essere persona, dunque, è questo
il compito dell’educazione scolastica. Carla Cirillo, sofferman-
dosi sulla scuola, sottolinea l’importanza del saper essere e
dell’
homo creator
, due modalità dell’essere persona tipicamente
umane. E che, forse, le grandi personalità dell’umanesimo
non esprimevano una forte carica esistenziale e creativa che
poi si riverserà nel Rinascimento? Con questo non vogliamo
affatto cadere nella tentazione nostalgica tipica del
laudator
temporis acti
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, ma solo richiamare l’attenzione nei confronti di
una scuola che deve essere antropocentrica e umanizzante.
Nell’età del trionfo della tecnica e del PIL (prodotto interno
lordo) la scuola sì deve essere attenta alle “competenze”
(quanto è brutto questo termine specie se non assunto nell’e-
timo latino
cum petere
, “andare insieme”, “convergere verso
un obiettivo comune”, ma nel significato di un italiano ingle-
sizzato di “prestazione”), soprattutto però deve prestare at-
tenzione alla maggiore, alla più importante delle competen-
ze, quella umana. E l’umano è attento al mondo, agli altri,
alla relazione, a vivificare l’esistenza con orizzonti di senso.
Ecco, allora, che il testo di Carla Cirillo si presenta come
un richiamo scientifico alla scuola “vera”, alla scuola come
scholé
, intesa, cioè, come comunità libera in cui si dibatte, in
cui si apprende diventando liberi, ovvero persone. Ci augu-
riamo che il Ventunesimo secolo riscopra, pur attraverso la
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Orazio,
Ars poetica, 173.