Previous Page  31 / 34 Next Page
Basic version Information
Show Menu
Previous Page 31 / 34 Next Page
Page Background

www.

edises

.it

Unità di Apprendimento 2

Il mito delle Sirene nella letteratura latina

517

“Notiamo come i fanciulli neppure dalle percosse si lascino distogliere dall’os-

servare e dall’indagare su tutto? Come, cacciati via, subito ritornino? Come

siano felici di sapere qualche cosa? Come siano smaniosi di raccontarla agli

altri? Come si incantino davanti ad un corteo, ai giochi pubblici e a spettacoli

del genere no a sopportare per queste manifestazioni la fame e la sete? E

poi, quelli che hanno il gusto dello studio e delle arti, non vediamo che non

s’interessano né della loro salute né degli affari di famiglia e resistono a tutto,

dominati proprio dal desiderio d’imparare e di sapere e si tengono ripagati

dalle gravi preoccupazioni e fatiche dal piacere che provano nell’imparare?

Perciò, ho l’impressione, Omero ha avuto presente una condizione simile nel

presentare il mito del canto delle Sirene. Infatti appare che non con la dolcezza

della voce o con una qualche novità e varietà del canto esse solevano incantare

i naviganti, ma perché proclamavano di sapere molte cose, cosicché gli uomini,

trascinati dal desiderio di sapere, restavano contti ai loro scogli. Ecco l’invito

ch’esse rivolgevano ad Ulisse (ho tradotto, insieme ad altri versi di Omero,

proprio questo passo):

O gloria degli Argivi, Ulisse, perché non volgi la nave

per poter prestare l’orecchio ai nostri canti?

Nessuno mai passò oltre nella sua rotta su queste onde azzurre,

senza prima essersi fermato, preso dalla dolcezza dei nostri canti,

per andarsene poi, saziato l’avido cuore di multiformi melodie,

a raggiungere, fatto più sapiente, i patrii lidi.

Noi ben conosciamo la guerra terribile e il disatro

che la Grecia, per volontà degli dei, apportò a Troia,

e tutti gli eventi che hanno lasciato traccia sulla vasta terra.

Omero si è reso conto ch’era impossibile dar credito al mito, se un eroe di

quella statura si fosse lasciato irretire da canzonette; promettono la scienza,

e non fa meraviglia che questa ad un uomo desideroso di sapere sia più cara

della patria”.

Tr. di F. Demolli

Il brano in questione acquista la sua importanza in quanto si presenta pale-

semente come il modello assunto da Dante per la costruzione del suo Ulisse

nel XXVI Canto dell’

Inferno

. L’esame contrastivo tra i due passi si impone in

sede didattica per rendere consapevoli gli studenti della rete di richiami e di

in%uenze che anima il discorso letterario. Si tratta, dunque, di un brano che

consente l’allargamento interdisciplinare: oltre agli scontati riferimenti al testo

omerico (

Odissea

XII 39-54; 184-191) e al già citato episodio dantesco, non va

dimenticata l’affascinante ricostruzione che ne fa Giovanni Pascoli nei

Poemetti

Conviviali

(XXI e XXIII).