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Parte Seconda

La storia della filosofia

propria ricerca filosofica all’oralità. Secondo Socrate, infatti, gli scritti sono

solo in grado di riportare quanto detto da altri e di comunicare un pensiero,

ma non di incoraggiare la ricerca filosofica.

Tutto ciò che sappiamo della dottrina di Socrate ci è pervenuto soprattutto

dal

corpus

dei testi platonici

(ma anche, a diverso titolo, dalle testimonianze di

Aristofane, Aristotele, Senofonte e Policrate). Platone, infatti, discepolo di So-

crate, soprattutto nel primo periodo della sua speculazione, segue con fedeltà

le linee del pensiero del suo maestro, utilizzando anche lo stesso Socrate come

personaggio dei

suoi

dialoghi

.

La morte di Socrate, avvenuta nel 399 a.C., è senza dubbio l’episodio più co-

nosciuto della sua biografia. Accusato di corrompere i giovani di Atene con

i suoi comizi, e di non riconoscere gli dèi della città introducendo il culto di

nuovi, Socrate viene processato. Al processo rifiuta di farsi difendere da altri,

decidendo di farlo da solo. Invece di proporre per sé una pena adeguata,

come previsto dalla legge ateniese, Socrate si dichiara meritevole non di una

punizione ma di un premio dalla città suscitando l’ira dei giurati al punto da

vedersi comminata la sua pena a una condanna a morte. Nell’ultimo periodo

di prigionia, in attesa dell’esecuzione capitale, alcuni suoi discepoli, che ave-

vano pianificato una fuga, gli propongono di evadere, ma Socrate si rifiuta di

fuggire, perché convinto che sia sempre giusto obbedire alle leggi e subire il

male piuttosto che farlo. Inoltre Socrate era convinto che la morte non fosse

una cosa negativa e che probabilmente nel mondo in cui sarebbe andato una

volta esalato l’ultimo respiro, avrebbe continuato i suoi dialoghi con le anime

dei morti.

Il filosofo ateniese muore bevendo spontaneamente il veleno della

cicuta

, con

cui era in uso nell’antica Grecia eseguire le condanne a morte.

Socrate secondo Aristofane

Il commediografo Aristofane, che era solito inscenare opere teatrali satiriche, offre un’immagine

di Socrate che stride con quella tramandata da Platone, da Senofonte e da Aristotele. Secondo

Aristofane, Socrate sarebbe null’altro che un venditore di fumo, un uomo abile con le parole come

i sofisti, rinchiuso nella sterilità dei suoi ragionamenti, seduto in una cesta sospesa a mezz’aria (a

significare il suo scarso contatto con le cose terrene, reali). Si prenda come esempio lo stralcio di

un dialogo tra Socrate e Lesina che fa parte della commedia

Le nuvole

.

Socrate

: Hai mai vista una nuvola che avesse l’apparenza d’un centauro, un pardo, un lupo,

un toro?

Lesina

: Senza dubbio! E con questo?

Socrate

: Mutano di forma a lor piacere. Se vedono un di questi dalle gran capelliere, ri-

coperti di peli tutti quanti, un selvatico sul fare di Gerònimo, per beffar quel fanatico, si

cangiano in centauri.

Lesina

: E che fanno, se passa Simone, che sui beni pubblici fe’ man bassa?

Socrate

: Divengon lupi; e mettono le sue magagne a nudo!

(Aristofane,

Le nuvole

)