

Capitolo 11
L’evoluzione storica della scuola italiana
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Il suo merito più importante fu quello di aver riattivato, per i docenti, la macchina
dei concorsi ordinari: con Decreto n. 82 del 24 settembre 2012 indisse i concorsi a
cattedre, per titoli ed esami, per il reclutamento di 11.542 docenti di ogni ordine di
scuola.
Convinto sostenitore dell’innovazione tecnologica nella Pubblica Amministrazione
e nel rapporto fra di essa e i cittadini, dispose la “dematerializzazione” degli atti
scolastici e, in particolare, che, a decorrere dall’anno scolastico 2012-2013, le pagelle
fossero redatte in formato elettronico. Dispose che anche i registri degli insegnanti
fossero
on line
e che tutte le comunicazioni agli alunni e alle famiglie, pagelle incluse,
fossero inviate in formato elettronico (par. 12.6.4).
Provvide, infine, al termine della sperimentazione triennale che aveva visto la coe-
sistenza delle Indicazioni nazionali (varate con il D.Lgs. n. 59/2004, attuativo della
riforma Moratti) con le Indicazioni per il curricolo (varate nel 2007 dal ministro Fio-
roni), ad emanare il definitivo “
Regolamento recante Indicazioni nazionali per il curricolo
della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione
” (Decreto 16 novembre 2012, n. 254:
par. 12.2.3 e 12.5).
11.8
La riforma della “buona scuola”
A seguito della crisi del governo Monti, il Paese fu chiamato alle urne con le elezioni
politiche del febbraio 2013.
Dopo la breve parentesi del “governo delle larghe intese”, presieduto da Enrico Letta
(con Maria Chiara Carrozza al MIUR), il 22 febbraio ottenne la fiducia un nuovo go-
verno guidato da Matteo Renzi: all’istruzione fu assegnata Stefania Giannini.
Il 3 settembre 2014 la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero pubbli-
carono congiuntamente un documento in dodici punti intitolato “
La buona scuola
– Facciamo crescere il Paese
”. Esso conteneva le linee guida per una serie di riforme da
realizzare nei successivi tre anni: su tali proposte fu aperta una consultazione nazio-
nale, conclusasi il 15 novembre.
L’iter di elaborazione del progetto di riforma subì una brusca accelerazione a seguito
della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea (sez. III, sentenza del
26 novembre 2014, n. C-22/13), che dichiarava contraria al diritto dell’Unione la
normativa italiana sui contratti di lavoro a tempo determinato in quanto non era giu-
stificato il rinnovo illimitato di tali contratti per soddisfare le esigenze permanenti e
durevoli delle scuole statali.
Il Governo dovette, quindi, muoversi per stabilizzare i precari inseriti nelle gradua-
torie ad esaurimento (GAE).
Sotto un profilo politico più generale, l’operazione, da un lato, si inseriva nella
linea del rilancio della stagnante economia di mercato: assicurare il contratto di
lavoro a tempo indeterminato a 100 mila pubblici impiegati avrebbe dato un’ulte-
riore spinta alla ripresa del lavoro e dei consumi, dopo i provvedimenti degli 80
euro e del
Jobs Act
.
Dall’altro, era da escludersi (nonostante suggerimenti in senso contrario) una nuova ri-
forma ordinamentale, anche solo nella forma di una rivisitazione della durata dei cicli.