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Parte Prima

 L’insegnamento delle scienze sperimentali

diffuso analfabetismo scientifico, aggravato da una profonda demotivazione

all’apprendimento e alla partecipazione. Non si tratta solo di preoccupanti ca-

renze logico-linguistiche, ma anche di una evidente incapacità di orientamen-

to culturale di base in ambito scientifico che spesso degrada in atteggiamenti

superficiali ed ingenui. È il caso di fare una certa autocritica sulla efficacia

dell’insegnamento delle scienze nella scuola media fino ad oggi per rendersi

conto che ciò che si insegna non è adeguato agli studenti, nel senso che esiste

uno scarto troppo alto tra le loro strutture cognitive e le nuove informazioni

che vengono loro offerte. Il modello didattico che più è prevalso nel nostro

Paese è infatti di tipo deduttivistico, formalistico, fortemente ancorato al sape-

re universitario, considerato unico modello di conoscenza per tutta la scuola

preuniversitaria. Quindi l’approccio allo studio delle scienze non può essere

soltanto di tipo scolastico-libresco. Sui libri infatti c’è scritto

come è fatto e come

funziona il mondo

e vengono riportati i risultati ai quali è pervenuta la Scienza. Il

più delle volte gli esperimenti vengono proposti con lo scopo di togliere dubbi

sulla validità delle teorie. Questa è la

Scienza codificata

, una scienza cioè vista

come un corpo di conoscenze codificate:

il libro e l’insegnante insegnano e l’allievo

impara

. Una scienza di questo tipo però non contribuisce allo sviluppo delle

competenze osservative e logico-linguistiche dello studente. L’acquisizione del-

le conoscenze, infatti, deve avvenire in un contesto sia di tipo metodologico sia

di tipo sperimentale.

Se da un lato, però, il progetto Eurydice e il Consiglio europeo di Lisbona

fissano dei punti fondamentali per la crescita dell’insegnamento delle disci-

pline scientifiche in Europa, in Italia la riduzione delle ore di scienze dovuta

alla Riforma Gelmini non facilita sicuramente l’applicazione di una didattica

laboratoriale basata sull’

inquiry,

in quanto, ovviamente, questa richiede tempi

più lunghi per affrontare uno stesso argomento, rispetto alla lezione frontale

tradizionale. Il Ministero, nel documento riguardante il Piano nazionale Lau-

ree Scientifiche (PLS), indica che una didattica laboratoriale richiede “almeno

16- 20 ore” per ogni modulo di apprendimento.

Nella Tabella 2.1 sono esemplificati i metodi, gli strumenti e i tempi di una

lezione-tipo.

Pensando alla scoperta, quindi alla comprensione della realtà circostante, il

problem solving

e il

cooperative learning

sono le scelte migliori. Per la piagetiana,

graduale “costruzione” dei concetti, i risultati migliori possono venire da un’at-

tenta programmazione di attività ed esperienze concrete e diversificate e dalla

successiva riflessione-discussione e comunicazione. Il

Cooperative Learning si

rifà

al pensiero di Vygotskij, in particolare sulla natura sociale dell’apprendimento:

gli studenti dialogano in modo interattivo con i compagni e apprendono in

modo significativo.