TFA Abilitazione all'insegnamento - T16 Latino - page 25

Capitolo 4
La filologia e la critica del testo
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Come abbiamo detto, esistono anche
alterazioni legate a fattori “culturali”
il-
lustrate di seguito.
>
La scarsa cultura di un amanuense poteva indurre a fraintendimenti nella
riproduzione di un originale che presentava ad esempio parti in greco, lin-
gua che per lunghi periodi del Medioevo costituì patrimonio di pochi dotti.
>
Nel corso del tempo, l’evoluzione delle lingue dell’ex impero romano causò
mutamenti fonetici rispetto all’evo antico (ad esempio, il dittongo
ae
si tra-
sformò nella vocale
e
) il che si è tradotto in incertezze e errori nel momento
in cui il copista “adeguava” il testo alle sue consuetudini espressive.
>
L’amanuense, in forza della sua cultura cristiana, può essere spinto a modifi-
care un passo di un autore pagano non in linea con la sua morale.
>
Particolarmente insidiose sono le alterazioni di copisti “dotti” che, privi del
concetto moderno di “diritti d’autore”, intervenivano liberamente sul testo
trádito convinti di migliorarlo e finendo invece per alterare la versione ori-
ginaria.
4.3
Metodi di intervento del filologo
Due sono i momenti fondamentali per giungere all’edizione critica di un testo:
la
recentio
e la
emendatio
. La prima consiste nel mettere insieme i manoscritti ed
(eventualmente) le edizioni a stampa di una stessa opera al fine di un moni-
toraggio dei suoi testimoni. In effetti sono rari i casi in cui ci sia il
codex unicus
(cioè un unico esemplare di uno scritto) per cui nella maggior parte dei casi
si ha a che fare con più esemplari che presentano differenze tra loro. Di qui,
quindi, la necessità prima di un confronto tra i documenti in possesso (
collatio
)
e quindi di una selezione di tale materiale attraverso quella che viene definita
eliminatio codicum descriptorum
(“eliminazione dei codici-copie)
.
I
codices descripti
,
infatti, altro non sono che documenti che dipendono da altri presi come mo-
delli, per cui la loro importanza risulta limitata.
A dire il vero, nel cosiddetto “metodo Lachmann” (dal nome del noto filologo
attivo alla metà dell’Ottocento), l’individuazione di un
codex
come
descriptus
comportava sistematicamente la sua messa da parte, ma gli indirizzi filologici
attuali inducono a maggiore cautela (e vedremo in seguito per quale motivo).
L’operazione di selezione presuppone ovviamente che alcuni testimoni siano
più credibili e affidabili di altri: quel che il filologo deve fare, quindi, è costrui-
re lo
stemma codicum
, una sorta di albero genealogico dei codici che stabilisce le
derivazioni e dipendenze dei manoscritti tra loro. Nell’impostazione di Lach-
mann, assumono attendibilità i codici che sono in alto nello stemma, cioè in al-
tri termini quelli che risultano più antichi. Vedremo che anche questo criterio
è stato nel tempo fortemente ridimensionato. Ma come si giunge all’elabora-
zione dello
stemma
? Fondamentali in tal senso sono gli errori che caratterizzano
i codici e che vengono ad assumere la funzione di “fossili-guida”, consentono
cioè di stabilire le relazioni tra loro. Essi, infatti, vengono definiti
errores separa-
tivi
ed
errores coniuctivi
a seconda che tendano rispettivamente a distinguere o
1...,15,16,17,18,19,20,21,22,23,24 26,27,28
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