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PROVE UFFICIALI
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secolo (...) Basta che lo vogliate, ed il
mondo sarà vostro: bastano l’educazione,
la giustizia, la scienza, l’arte, le leggi, l’e-
sempio degli antichi. Dio esiste, ma nei
cieli: l’uomo è libero, non predestinato,
è «faber sui», e deve e può dominare la
terra, dono divino. Perciò il mondo è
bello, è pieno di gioia, non domani ma
oggi: poiché ad ognuno sono dischiuse
le gioie illustri della virtù e della cono-
scenza, ed anche le gioie corpulente,
dono divino anch’esse, delle tavole ver-
tiginosamente imbandite, delle bevute
«teologali», della venere instancabile.
Amare gli uomini vuol dire amarli quali
sono, corpo ed anima, “tripes et boyaux”
(
trippa e budella
)”. (...)
Come si concilia questa dottrina intem-
perante, pagana, terrena, col messaggio
evangelico, mai negato né dimenticato
dal pastore d’anime Rabelais? Non si
concilia affatto: anche questo è proprio
della condizione umana, di essere sospesi
fra il fango e il cielo, fra il nulla e l’infi-
nito. La vita stessa di Rabelais, per quanto
se ne sa, è un intrico di contraddizioni,
un turbine di attività apparentemente
incompatibili fra loro e con l’immagine
dell’autore che tradizionalmente si rico-
struisce dai suoi scritti.
Monaco francescano, poi (a qua-
rant’anni) studente in medicina e me-
dico all’ospedale di Lione, editore di
libri scientifici e di almanacchi popolari,
studioso di giurisprudenza, di greco,
d’arabo e d’ebraico, viaggiatore instan-
cabile, astrologo, botanico, archeologo,
amico di Erasmo, precursore di Vesalio
nello studio dell’anatomia sul cadavere
umano; scrittore fra i più liberi, è simul-
taneamente curato di Meudon, e gode
per tutta la sua vita della fama di uomo
pio ed intemerato; tuttavia lascia di se
stesso (deliberatamente, si direbbe) il
ritratto di un sileno, se non di un satiro.
(...)
Perché Rabelais ci è vicino? (...) Ci è vi-
cino, principalmente, perché in questo
smisurato pittore di gioie terrene si per-
cepisce la consapevolezza permanente,
ferma, maturata attraverso molte espe-
rienze, che la vita non è tutta qui.
In tutta la sua opera sarebbe difficile tro-
vare una sola pagina melanconica, ep-
pure Rabelais conosce la miseria umana;
la tace perché, buon medico anche
quando scrive, non l’accetta, la vuole
guarire:
Mieux est de ris que de larmes escrire
(è
meglio scrivere del riso che delle lacrime)
Pour ce que rire est le propre de
l’homme.
(perché il riso è proprio dell’uomo)
Primo Levi
, L’altrui mestiere: François
Rabelais,
Einaudi, 1985
UNO dei giudizi sull’opera di Rabelais
qui elencati NON È CONFORME a
quanto ci dice Primo Levi. Quale?
A. Nonostante i suoi interessi fossero
rivolti a discipline rigorosamente ra-
zionali, come la filologia, la botanica
e la medicina, Rabelais ha composto
un’opera di eccezionale libertà fanta-
stica
B. I due smisurati giganti, Gargantua e
Pantagruel, oltre ad una illimitata ca-
pacità di ridere e di godere, mostra-
no una profonda fiducia nella libertà
dell’uomo e nella sua possibilità di
dominare la terra
C. Le gioie terrene sono celebrate nell’o-
pera di Rabelais con entusiasmo, sen-
za che le turbi la consapevolezza della
miseria umana anche se egli, come
medico, ben la conosce
D. I toni vari e gli argomenti più dispa-
rati nell’opera di Rabelais non gene-
rano confusione, ma si compongono
in un ordine intelligente e armoni-
co che è espressione dell’ordine del
creato
E. Non c’è in Rabelais la pretesa di con-
ciliare tra loro le tensione al divino e