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PROVE UFFICIALI

a.a. 2011/2012

5

www.

edises

.it

creatore, Arthur Conan Doyle. Il cono-

scitore d’arte è paragonabile al detective

che scopre l’autore del delitto (del qua-

dro) sulla base di indizi impercettibili ai

più. Gli esempi della sagacia di Holmes

nell’interpretare orme nella fanghiglia,

ceneri di sigaretta e così via sono, com’è

noto, innumerevoli. Vedremo tra poco le

implicazioni di questo parallelismo. Pri-

ma però sarà bene riprendere un’altra

preziosa intuizione di Wind: «Ad alcuni

tra i critici di Morelli sembrava strano il

dettame che “la personalità va cercata

là dove lo sforzo personale è meno in-

tenso”. Ma su questo punto la psicologia

moderna sarebbe certamente dalla par-

te di Morelli: i nostri piccoli gesti incon-

sapevoli rivelano il nostro carattere più

di qualunque atteggiamento formale, da

noi accuratamente preparato». “I nostri

piccoli gesti inconsapevoli...”: alla gene-

rica espressione “psicologia moderna”

possiamo sostituire senz’altro il nome

di Freud. Le pagine di Wind su Morelli

hanno infatti attirato l’attenzione degli

studiosi su un passo, rimasto a lungo

trascurato, del famoso saggio di Freud

Il

Mosè

di

Michelangelo

(1914). Ridurre

quest’influsso, come è stato fatto, al solo

saggio sul

Mosè

di Michelangelo, o in

genere ai saggi su argomenti legati alla

storia dell’arte significa limitare indebi-

tamente la portata delle parole di Freud:

«Io credo che il suo metodo [di Morelli]

sia strettamente apparentato con la tec-

nica della psicoanalisi medica». Ma che

cosa poté rappresentare per Freud – per

il giovane Freud, ancora lontanissimo

dalla psicoanalisi – la lettura dei saggi

di Morelli? È Freud stesso a indicarlo; la

proposta di un metodo interpretativo im-

perniato sugli scarti, sui dati marginali,

considerati come rivelatori. In tal modo,

particolari considerati di solito senza

importanza, o addirittura triviali, «bas-

si», fornivano la chiave per accedere ai

prodotti più elevati dello spirito umano;

«i miei avversari» scriveva ironicamente

Morelli (un’ironia fatta apposta per pia-

cere a Freud) «si compiacciono di qua-

lificarmi per uno il quale non sa vedere

il senso spirituale di un’opera d’arte e

per questo dà una particolare importan-

za a mezzi esteriori, quali le forme della

mano, dell’orecchio, e persino,

horribile

dictu

, di così antipatico oggetto qual è

quello delle unghie». Inoltre, questi dati

marginali erano, per Morelli, rivelatori,

perché costituivano i momenti in cui il

controllo dell’artista, legato alla tradi-

zione culturale, si allentava per cedere

il posto a tratti puramente individuali,

«che gli sfuggono senza che egli se ne ac-

corga». Ancor più dell’accenno, in quel

periodo non eccezionale, a un’attività

inconscia, colpisce l’identificazione del

nucleo intimo dell’individualità artistica

con gli elementi sottratti al controllo del-

la coscienza.

6) Perché, secondo Morelli, i mezzi este-

riori sono i più importanti per l’attribu-

zione delle opere? (

vedi Brano I

)

A. Perché sono quelli a cui un artista dà

meno importanza

B. Perché sono quelli a cui nessuno

guarda con attenzione

C. Perché sono quelli più facilmente

imitabili

D. Perché sono quelli su cui agiscono di

più i tratti tipici della scuola di appar-

tenenza

E. Perché sono quelli che dimostrano

maggiormente i tratti più individuali

di un artista

7) Il metodo morelliano (

vedi Brano I

):

A. fu accettato dagli storici dell’arte,

perché permetteva di risolvere tutti i

problemi di attribuzione