

Capitolo 1
Dalle scuole speciali all’inserimento
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Arriva poi il 1968, l’anno della “contestazione” e, sull’onda della polemica contro
le classi differenziali, si comincia a parlare di «inserimento» degli handicap-
pati nella scuola di tutti. Nel nome dell’eguaglianza delle persone, si negano i
concetti di «normalità» e «anormalità». Si afferma che le persone sono uguali
proprio perché diverse l’una dall’altra, non conformi a un modello, quello del-
la normalità, ma tutte caratterizzate dalla loro diversità, nella loro irripetibile
personalità
2
. La prima legge, nel nostro ordinamento repubblicano, a codificare
l’inserimento scolastico dei disabili è la
L. 30 marzo 1971, n. 118
.
1.2
L’inserimento nella scuola ordinaria
La L. 30 marzo 1971, n. 118 inaugura la logica dell’«
inserimento
», recando in sé
una disposizione per garantire ai «minori invalidi civili» la frequenza scolastica
nelle
classi ordinarie normali
, fatti salvi i casi di «
gravi deficienze intellettuali
o menomazioni fisiche tali da impedire l’inserimento
» (art. 28).
Anche se riguarda solo i mutilati e gli invalidi civili, l’art. 28 è ben presto uti-
lizzato come giustificazione normativa per l’integrazione degli alunni porta-
tori di qualsiasi tipo di handicap, che vedono così riconosciuto il loro diritto
all’inserimento scolastico nella
scuola elementare
e nella
scuola media
. La
norma prescrive, altresì, che debba essere facilitata la frequenza degli invalidi
e dei mutilati civili alle
scuole medie superiori
e
universitarie
ed estende la
medesima disciplina alle
istituzioni prescolastiche
e ai
doposcuola
.
La logica è quella per cui, se cadono i confini tra «anormalità» e «normali-
tà», non si può poi disquisire sulle tipologie degli handicap: quale che sia il
tipo o la gravità del deficit di cui sono portatori, gli alunni vengono inseriti
nelle scuole comuni, anche in assenza degli interventi assistenziali che la L.
118/1971 prevede.
Del resto, l’art. 2, al comma 2, stabilisce che – agli effetti di tale legge – deb-
bano considerarsi mutilati e invalidi civili «
i cittadini affetti da minorazioni
congenite o acquisite, anche a carattere progressivo, compresi gli irregolari psi-
chici per oligofrenie di carattere organico o dismetabolico, insufficienze mentali
derivanti da difetti sensoriali e funzionali che abbiano subìto una riduzione per-
manente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minori di anni
18, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie
della loro età
».
Al riguardo, la stessa Corte Costituzionale, nella storica sentenza n. 215 del 3-8
giugno 1987, sosterrà: «
…è pacifico in dottrina e giurisprudenza che in tale ampia
nozione sono ricompresi i soggetti affetti da menomazioni fisiche, psichiche e sen-
soriali comportanti sensibili difficoltà di sviluppo, apprendimento e inserimento
nella vita lavorativa e sociale, cui il concetto di portatore di handicap comunemen-
te si riferisce
».
2
T
enuta
U.,
Integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap
, Educazione & Scuola.